Salariati moderati.

Maggio 27, 2010

Alla fine ce l’hanno fatta. La manovra non serviva, poi era già stata fatta, ad oggi si è resa necessaria a causa della crisi greca. Non certo dalla crisi internazionale, sebbene questa abbia bruciato sette punti di pil (110 miliardi di euro non guadagnati) e fatto precipitare la produzione industriale italiana al valore del 1985. Venticinque anni fa. Cento trimestri sprecati, come ha efficacemente sintetizzato la Marcegaglia, presidente degli industriali.
Perchè in Italia la crisi non è mai arrivata. Non è arrivata per quei settecentomila nuovi disoccupati, dieci stadi di San Siro pieni di senza lavoro, che due anni fa avevano un impiego, e, si suppone, una vita dignitosa.
Non è arrivata per tutte le piccole imprese che hanno chiuso. Non è arrivata per coloro che avevano un mutuo e hanno dovuto cedere la propria abitazione, i sacrifici di una vita, alle banche.

Il populismo peronista di questa destra sudamericana ha finalmente mostrato il suo vero volto.
Avevamo avuto il sentore che l’abolizione dell’ICI non fosse propriamente una manovra di tipo progressivo; certamente dava di più a chi vive la propria vita in un immobile di pregio nel centro delle grandi città, un po’ meno a chi vive in una piccola casa in campagna, assolutamente nulla a chi è strangolato da un affitto insostenibile.
I quaranta euro della Social Card avevano il sapore della beffa, il non attivare nemmeno il trasferimento di quella misera somma aveva il sapore della goliardia del figlio di papà.
L’indice di Gini (indice che misura una corretta distribuzione del reddito) che progressivamente scendeva ai livelli più bassi della zona OCSE, ci dava dei segnali allarmanti.

Adesso arriva il blocco degli stipendi degli statali, che per la maggior parte hanno già subito un concreto declassamento sociale negli ultimi dieci anni. Sono in attesa di rinnovo del contratto di lavoro. Ebbene, la manovra presentata ieri dal Governo prevede che, fino al 2014, essi non potranno percepire una retribuzione superiore al 3,2% in più rispetto a quanto percepivano nel 2008.
Il che, sommato agli scatti di anzianità, vuol dire che nel 2014 i dipendenti che fanno funzionare la pubblica amministrazione percepiranno il 15% in meno a quanto avevano preventivato, nella migliore delle ipotesi, senza inserire nel conto eventuali fiammate inflattive.
Il blocco delle finestre di uscita delle pensioni, se possibile, prefigura scenari inquietanti.
Molti di quelli che stanno per andare in pensione, e che cadranno nel blocco,sono gli stessi che hanno passato gli ultimi due anni in cassa integrazione. Costoro saranno letteralmente costretti a “mangiarsi” il tfr.
Sapevamo che si sarebbero resi necessari dei sacrifici, anche se ci avevano assicurato il contrario. Speravamo che tali sacrifici sarebbero stati equamente distibuiti. Come al solito siamo stati delusi.
Nessun accenno alla tassazione delle rendite finanziare, ai livelli più bassi della zona euro, abilmente fatta passare per ignobile balzello sui BOT della nonna, invece che come efficace strumento di redistribuzione del reddito dai grandi capitali investiti verso la fiscalità generale.
Non ci dimentichiamo dell’abolizione delle imposte di successione per i grandi patrimoni, altro eccellente strumento redistributivo.

Altro che moderati. Questa è la politica di destra. Finalmente il re è nudo.

Scusate innanzitutto la lunga attesa. Non è sempre semplice ricavare un momento per riflettere su quello che ci circonda, specie in particolare quando ciò che ci circonda è vuoto di spunti. Non mi sono mai piaciute le cronache giudiziare, nè commentare procedimenti che non siano arrivati a una sentenza di condanna, o almeno alla conclusione delle indagini. In questo senso la “Legge bavaglio” mi tange assai poco e le inchieste che l’hanno accelerata non fanno che raccontarci di un malcostume, che, se già sapevamo diffuso, non poteva che essere incrementato dall’assenza dei previsti controlli, negli anni meticolosamente demoliti.

In questo senso la scena politica italiana è stata svuotata dei suoi contenuti generali, per essere piegata, una volta volta di più, all’interesse privato. Non riesco neppure più a credere che il disegno in atto (che, se vogliamo ricordarlo, passa per una decina di leggi ad personam, sentenze costituzionali, lodi, disegni, progetti, e quant’altro) sia frutto della determinazione del Cavaliere a salvare la sua persona. Ormai si tratta dell’ultimo disperato tentativo di salvare una classe politica corrotta e incapace dalla propria corruzione e manifesta incapacità. Un decennio di crescita zero, numerosissime inchieste, fallimenti ripetuti di riforma, indecenti figure internazionali, sanguinose missioni “di pace”, hanno fatto cadere la scelta sull’ultima opzione disponibile.

Non potete parlare bene di noi? Non ne parlate.

aprile 6, 2010

L’ennesima vittoria di Berlusconi e della sua destra populista e intrallazzona ha radici molto profonde nella società italiana degli ultimi venti anni.
Oltre all’impoverimento culturale della società e delle istituzioni che è sotto gli occhi di tutti, oltre al monopolio dei media (che di quell’impoverimento sono i maggiori artefici), oltre alle ragioni di carattere socio-antropologico che fanno dell’Italia un paese particolare, vi sono ragioni di carattere economico che, tramite un lento lavorìo che appresso esamineremo, hanno cambiato la struttura sociale del paese.
In Italia vi sono quattro milioni di imprenditori, il 97% dei quali imprenditori individuali o di imprese familiari. Queste imprese sono cronicamente sottocapitalizzate e basate per lo più sulle capacità dell’imprenditore e (quando egli riesce a trasmetterle) su quelle dei familiari o dei dipendenti migliori. Le macchine industriali vengono perlopiù prese in affitto o supplite con maggiore intensità di lavoro, anche a causa di un sistema bancario inadeguato alle esigenze di una classe imprenditoriale giovane, con aggravio dei costi di produzione (o peggioramento delle condizioni di lavoro). L’impresa, spesso, non sopravvive all’imprenditore, perchè manca di una struttura organizzativa diffusa. Se non è precarietà lavorare dodici ore al giorno e trovarsi il giorno dopo con un pugno di mosche… ma questo è un dato culturale dell’Italia del dopoguerra.
Una politica di incentivazione alla concentrazione e a consorziarsi potrebbe riuscire a limitare questa anomalia, ad esempio con garanzie pubbliche su parte degli investimenti (costerebbe zero) e credito d’imposta per un paio d’anni a chi si consorzia o si fonde. Senza considerare i risparmi che deriverebbero dalla semplificazione della gestione dei controlli e degli accertamenti.

La riforma del mercato del lavoro di inizio decennio ha aggiunto a questa già cospicua somma di imprenditori una classe di “partite IVA” anomale, sostanzialmente lavoratori dipendenti senza tutele e con meno tasse. Ma anche senza pensione e con sogni da veri imprenditori. La crisi ha spazzato via per due terzi questi “liberi proletari”. E qui entrano in gioco i media, che riescono a convincere costoro che la colpa non è della crisi internazionale, causata come noto e assodato da anni di moderazione salariale, crisi dei consumi e deregulation a tutti i livelli, ma da cinquant’anni di oppressione fiscale che costringe le aziende a non assumemere e non investire.

Inseriamo nel conteggio elettorale il fatto che la crisi ha di fatto frustrato le ambizioni di crescita di queste classi sociali, e che l’unica possibile uscita per molti di costoro dal tunnel potrebbe arrivare dai soldi di commesse pubbliche “ben distribuite”(arte in cui la destra del duemila si è saputa dimostrare spregiudicata quanto i cugini socialisti degli anni ottanta-novanta, vedi Bertolaso S.p.A.). E che a livello locale i voti si comprano molto più facilmente.

Ecco spiegato il controsenso di una radicale che vince nella città dei papi e la vittoria della Polverini, conquistata nelle province laziali.

Nel prossimo tratto intestinale analizzeremo la vittoria nel nord e l’affermazione di Vendola.
Liver

P.S. Vedremo che farà la sindacalista almirantina per quanto riguarda le assunzioni al Consiglio Regionale del Lazio. Un’orda di idonei (e quindi di voti) è pronta a dare battaglia.

Intervallo

aprile 6, 2010

Scusate il lungo silenzio ma l’intervallo di ph del mio apparato digerente non è a norma in questo periodo. Prometto un solerte ritorno con un acido commento della tornata elettorale.